martedì 19 marzo 2013

Seconda mano

A Padova avevo una Panda. Era nera e a metano, e le volevo un sacco di bene. Ma qui c'è solo la benzina, e guidano a sinistra, come si fa. Tocca lasciar da parte i sentimentalismi e prendere qualcos'altro.
Una volta, pensavo anche che le auto usate le comprassero solo i fuggitivi nei film di Hitchcock. Ora posso dire di averlo fatto anch'io. Ho una bellissima Fox rossa del 2009, con assetto 100% british, e un po' mi ci sono già affezionata! Potete ammirarla nella foto. (Beh, non è proprio lei, ma il modello è lo stesso.)


A ben pensare, la diffidenza per il mercato dell'usato è comprensibile. Spesso l'acquirente non ha modo di valutare l'effettivo stato di salute di un'auto, ed è disposto a pagare solo un prezzo medio basato su parametri oggettivi, come modello, anno di immatricolazione e chilometri percorsi. Ne va che i possessori di macchine in buono stato non accetteranno di vendere la loro, e sul mercato rimarranno solo dei bidoni.
G. Akerlof ha descritto questo fenomeno negli anni '70 nel suo The Market for Lemons, che gli è valso il Nobel per l'economia nel 2001.
Un problema simile sorge quando è il venditore a non avere abbastanza informazioni. Un ristoratore potrebbe accettare di indire offerte promozionali nella speranza di attirare nuovi clienti abituali. Ma come distinguere potenziali aficionados della sua cucina da semplici deal seekers? Groupon insegna.
Le soluzioni ci sono, ma spesso sono ingarbugliate e gli economisti devono ricorrere alla matematica per sbrogliare la matassa. Lo stesso Akerlof aveva inizialmente formulato le sue idee usando il linguaggio della topologia - anche se nella stesura finale ha optato per un'impostazione meno tecnica e che garantisse maggior risonanza al suo lavoro. Oggi il formalismo più in voga è forse quello dei signaling game.
Nel caso del mercato dell'usato, una scappatoia che evita l'introduzione di organismi di controllo o altre complicazioni burocratiche richiede che i clienti si rivolgano a rivenditori fidati e siano disposti a pagare un po' più del prezzo di mercato. Così per chi vende è più conveniente continuare a comportarsi onestamente piuttosto che rischiare di incrinare la propria reputazione. I conti esatti li hanno fatti B. Klein e K. Leffler, in un articolo del 1981.
Avendo pagato profumatamente il concessionario Volkswagen di Solihull, spero proprio che non si siano sbagliati...